L’elezione a larghissimo quorum di Mattarella ha messo fine allo stato di fibrillazione esistente e messo in pace tutti i candidati, vecchi e nuovi, della ferraglia politica nostrana. Per sette lunghi anni non sentiremo più parlare di Amato, Prodi, Rodotà et similia.
Ma, a parte questo, è possibile fare alcune osservazioni “a botta calda”. Bisogna riconoscerlo: questo è stato un capolavoro di Renzi. Ha trovato un candidato impensabile due giorni prima, non compromesso, reduce dalla sinistra democristiana e dall’Ulivo di Prodi, giudice della Corte Costituzionale esperto di Costituzione, un uomo politico abbastanza navigato e che ha avuto il coraggio di dimettersi da Ministro quando avrebbe dovuto digerire la legge Mammì sulle frequenze televisive. Un uomo, insomma.
Il consenso che si è concretizzato sulla sua figura dimostra che la vecchia DC non muore. Questa scelta ha unito il PD, percorso da febbri scissioniste, ha persuaso l’area del centro, ha spazzato via le esitazioni e l’impotenza di Forza Italia. Un successo.
Ora, si dovranno raccogliere i cocci, soprattutto a destra. Dovrebbe arrivare il momento della ragione e non del culto del Capo. La politica ambigua di Forza Italia ha avuto la risposta che si meritava. Berlusconi si è fatto incastrare e giocare ed è rimasto con un cerino spento in mano. Non conta più nulla. La sua speranza d’essere il grande burattinaio di Renzi ha prodotto l’effetto contrario. Il famoso Patto del Nazzareno, che prevedeva una specie di condominio nelle scelte di politica riformista, è carta straccia. Le scelte le fa Renzi e Forza Italia arranca dietro di lui.
In questi giorni, a giustificazione di questa politica ambigua, abbiamo sentito dire che era il senso dello Stato e del rispetto degli accordi che faceva votare le proposte di Renzi, dato l’interesse comune alle riforme. Ma quali riforme? Qualunque riforma? Lo sfascio dello Stato repubblicano proposto da Renzi poteva destare un interesse politico in Berlusconi se avesse vinto alle prossime elezioni. Si sarebbe trovato ad avere uno Stato in cui nominare tutti, alla Camera, al Senato, alle Provincie e così via. Ora, questa ipotesi è del tutto improbabile.
Intanto, la legge elettorale è alla Camera e sarà approvata, dando tutto il potere a Renzi. La riforma costituzionale, invece, dovrà avere una seconda lettura e lì, probabilmente, sorgeranno nuovi problemi. In conclusione, Renzi ha ottenuto una legge elettorale con l’appoggio di Forza Italia, legge con la quale farà quello che vuole, mentre sulle riforme si vedrà. Il Patto del Nazzareno è servito solo a questo, a consolidare il potere del PD, con buona pace dei “leali” senatori e dei deputati di Forza Italia.
Diciamolo pure: la dabbenaggine non paga.
Dopo l’elezione del Presidente della Repubblica riprenderanno vita le questioni di politica interna ed estera rimaste sospese. Con le stesse alleanze? Apparentemente, almeno, nulla dovrebbe cambiare. Il governo di coalizione con Alfano, reduce da alcune passeggere simpatie con Berlusconi, si rafforza. Il PD, dopo questo indubbio successo del suo leader, si è felicemente ricompattato.
Resta il caos della Destra, della cui esistenza, tuttavia, il Paese ha bisogno. Il problema vero è e resta quello di Forza Italia, un grande equivoco politico attorno ad un Capo che ha fallito. Se Renzi andasse subito alle elezioni, con la vecchia o nuova legge elettorale, non importa quale, Forza Italia subirebbe una tale botta da diventare un prefisso telefonico. Ma non lo farà. Come dice un detto popolare: il troppo stroppia.
La resa dei conti con Berlusconi, in un triste tramonto, è inevitabile. Saranno i suoi stessi uomini, non i Verdini, i Dell’Utri, gli Scaiola et similia, a prendere in mano gli stracci della destra. Dovranno essere persone nuove, non condizionate dal “Presidente”, con meno boria, meno fasto e più idee, se ne hanno. Sarà un processo lungo, doloroso e difficile, ma inevitabile.
Dovranno temperare la Lega, accostarsi a Fratelli d’Italia, ma soprattutto rivolgersi a coloro che nonostante le presunte riforme di Renzi non arrivano alla fine del mese.
Occorre una Destra popolare e liberale, che prometta di spazzare via le discriminazioni e gli imbrogli, le intese sotterranee, la corruzione e l’incapacità di governare. E che sia pulita.
Roma, 31 gennaio 2015.